Carcere Sulmona – Il quarto tentativo di suicidio in dieci giorni

SULMONA
– Il quarto in dieci giorni, dopo quello purtroppo riuscito di Tammaro
Amato, l’altro tentativo di suicidio verificatosi nel carcere di
Sulmona. Un detenuto ha tentato ancora di togliersi la vita,
strangolandosi con i lacci delle scarpe da tennis. Trovato in extremis
dagli agenti di polizia penitenziaria, che lo hanno soccorso già
cianotico ed agonizzante, il detenuto è poi stato salvato dai medici
del 118 dell’ospedale sulmonese. Ma questo nel mese di gennaio, non è
stato l’unico episodio. Subito dopo la morte di Tammaro Amato, a poche
ore, si era registrato un tentativo analogo, ed un altro ancora durante
la visita della parlamentare radicale Rita Bernardini. La sezione
internati, dove si è verificato anche l’ultimo fatto, è ancora al
limite del sovraffollamento.

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Che diavolo succede là dentro

 Da zac7.it:

Tenta il suicidio in carcere durante la visita della parlamentare


Un
detenuto nel reparto internati ha tentato questa mattina prima di
impiccarsi e poi di darsi fuoco mentre era in visita alla struttura la
parlamentare Radicale Rita Bernardini. "Lo Stato è un delinquente
professionale"

Sulmona – Ha tentato prima di impiccarsi alla grata della cella e poi di darsi
fuoco. Un detenuto trentenne di Napoli è salvo grazie all’intervento
degli agenti di Polizia penitenziaria che sono riusciti a sventare in
tempo il suicidio. Un altro grave atto autolesionistico si è verificato
questa mattina nel carcere di via Lamaccio a Sulmona, mentre era in
visita alla struttura la parlamentare Radicale Rita Bernardini. A
scatenare la disperazione del giovane la perdita di un parente, ma è
chiaro che i motivi di fondo del disagio dei detenuti risieda altrove.
Lo ha evidenziato la stessa parlamentare che oggi, a distanza di tre
mesi, è tornata nel carcere di via Lamaccio, trovando “una situazione
di gran lunga peggiorata. Il sovraffollamento di via Lamaccio è
incivile – ha detto la parlamentare – nel reparto internati (dove
ancora una volta è stato tentato il suicidio, ndr) ci sono circa 200
detenuti sui 70 previsti. Gente che dovrebbe lavorare e non lavora e
che è costretta a vivere ventidue ore al giorno in tre persone in una
cella di appena nove metri quadrati. Ad essere fuori legge – ha
continuato la Bernardini – è lo Stato che dimostra di essere un
delinquente professionale e di usare i carceri come discariche
sociali”. Critiche al sistema sono state denunciate anche dal sindaco e
medico del carcere di Sulmona, Fabio Federico, intrattenutosi davanti
ai cancelli a lungo con l’onorevole ai microfoni di Radio Radicale: “Il
passaggio delle competenze sanitarie alle singole Asl – ha detto
Federico – è stato devastante. Non c’è un modello unico
comportamentale, mentre mezzi e strutture risentono delle lentezze e
dell’inadeguatezza delle singole Asl. Per favore, però, non dite che il
carcere va chiuso”.

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Il banchetto degli sciacalli

 

Nota del blogger:
Che fosse possibile, in questo mondo di plastica, giocare sulla calunnia e attaccarsi al pretesto, era cosa nota. Soprattutto da parte di chi ostenta una parola, qual’è "democrazia", per denigrare e persistere nella distruzione, per sfruttare i suoi simili e le risorse che questo mondo ci fornisce. Questo ruolo lo rivestono gli sbirri, in quanto tutori del suddetto ordine, cani da guardia di un sistema che non ha intenzione di mutare.
   Simile al cane è lo sciacallo, il media, che nutrito da questi ultimi e rivenditore di notizia rende scenico ciò che è sterile. Il connubio tra i due crea la formula che tutti conosciamo: solide basi per un potere costituito da menzogne e repressione, dalla prevaricazione degli uni sugli altri. In tutto questo non vi è nulla di nuovo.
Allora perchè continuo a stupirmi? Non so, ma accetto di buon grado questa condizione, sintomo che la mia mente non è ancora del tutto atrofizzata, seppur immersa in un torbido nichilismo.
   Solidarietà verbale, anche se nulla ve ne fate.

Fonte: Indymedia Abruzzo
Sulmona – striscione per detenuti

Striscione per detenuti, nei guai due anarchici
il Centro — 14 gennaio 2010   pagina 05   sezione: L’AQUILA

  SULMONA. Appendono uno striscione sul viadotto che attraversa la variante
alla Statale 17, a poche decine di metri dal supercarcere di via Lamaccio, in
cui invocavano «condizioni più umane per i detenuti». L’iniziativa di due
anarchici non è passata inosservata, sono stati bloccati dagli agenti della
Digos del commissariato.  I poliziotti sono stati allertati da alcuni passanti e
hanno raggiunto la postazione presidiata dai due anarchici per verificare quali
fossero le loro intenzioni. Nascosti sotto il sedile della loro auto, gli agenti
hanno trovato alcuni grossi petardi, oltre a coltelli e taglierine varie. Dagli
archivi del Centro elaborazione dati della polizia è poi emerso che i due erano
già conosciuti alle forze dell’ordine per episodi analoghi messi in atto davanti
ad altre carceri italiane. Da qui la denuncia per detenzione e porto abusivo di
materiale esplodente e arnesi atti a offendere. Tutto il materiale è stato
sequestrato, insieme allo striscione che i due anarchici avevano appeso sulla
grata del viadotto.  Dopo il suicidio di un detenuto casertano è tornato alla
ribalta il problema del sovraffollamento del penitenziario di via Lamaccio, che
ospita anche un gran numero di soggetti in cura psichiatrica. Ci sono state
proteste anche dei sindacati. I detenuti della sezione internati hanno rifiutato
il cibo dell’amministrazione penitenziaria. Nei giorni scorsi una delegazione
del Pd, guidata dal parlamentare Giovanni Lolli , ha ispezionato il supercarcere
di Sulmona.

 

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Teramo, merda contro “LaCittà”

TERAMO – Tre sacchi di letame contro  il portone d’ingresso e una
scritta sul muro dell’edificio di via Mario Capuani dove è ospitata la
redazione del quotidiano La Città. Sul muro dello stabile si legge "La
Città complice dei fascisti, per voi solo merda". Un gesto che si
inserisce in un clima di tensione generatosi in città dopo l’agguato
coi coltelli da parte di una quindicina di fascisti a tre ragazzi
all’esterno di una discoteca all’antivigilia di natale.

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Tanti auguri

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Muore in carcere il nigeriano testimone del pestaggio del carcere di Teramo

 Da Indymedia Abruzzo

 

TERAMO. Un nigeriano di 23 anni è deceduto ieri pomeriggio «per cause naturali» nel carcere di Castrogno.

L’uomo, secondo una prima ricostruzione, è stato soccorso dal medico
del carcere e da un infermiere della Croce bianca giunti sul posto,
senza poter fare nulla per salvarlo.
La magistratura ha comunque disposto l’autopsia e aperto un fascicolo per capire i motivi del decesso.
Qualche
ora dopo la morte del giovane il dipartimento dell’amministrazione
penitenziaria ha reso noto che la vittima era proprio il detenuto che
era stato sentito nell’ambito delle indagini per il presunto pestaggio
avvenuto nel carcere di Teramo che aveva portato alla sospensione del
comandante di reparto da parte del capo del dipartimento.
Un
pestaggio che ha creato molto scalpore in tutta Italia perchè
confermato da un audio registrato di nascosto e inviato alla redazione
del quotidiano teramano “La Città”.
L’ex comandante della guardia
penitenziaria, Giovanni Luzi, ha ammesso che la voce registrata nel
file audio era proprio la sua ma che il senso delle sue parole non
sarebbero proprio quelle ricostruite nei vari articoli di stampa.
Secondo
quanto si è appreso, tuttavia, il nigeriano non sarebbe il
testimone-chiave di cui si parla nel colloquio tra alcuni agenti che
raccontavano l’episodio, verificatosi alla presenza di altre persone.
Più
volte gli stessi sindacati di polizia hanno denunciato la difficile
situazione del penitenziario di Teramo dove attualmente ci sono 406
detenuti a fronte dei 360 tollerabili.
E un altro decesso «per
cause naturali» che però ha lasciato molti dubbi ai familiari ed una
denuncia alla procura probabilmente archiviata, è avvenuto a giugno nel
carcere di Lanciano.
Anche in quel caso lo sfortunato è stato un giovane nigeriano, in carcere per droga e vicino alla scarcerazione.
L’uomo venne ritrovato con la faccia nel cuscino. I familiari non hanno mai creduto alla fatalità.
In
quel caso i risultati dell’autopsia parlavano di "edema polmonare acuto
da soffocamento". Per Francesco Morelli, Direttore Centro Studi di
Ristretti Orizzonti, si può quindi pensare che l’uomo «sia morto perché
la saliva gli ha ostruito la trachea, durante una violenta crisi
epilettica. Ma la morte, in questi casi», aggiunse Morelli, «non è
immediata: probabilmente l’agonia è durata molto (15 minuti?
mezz’ora?), ha rantolato e "sbavato", ha fatto rumore in preda alle
convulsioni, ma nessuno ha sentito? Secondo me queste sono le ragioni
per le quali c’è parecchio mistero, intorno alla vicenda».
19/12/2009

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Minicronistoria delle merde nel carcere di Castrogno, Teramo ( “un detenuto non si massacra in sezione, si massacra sotto….”)

Nota del blogger:
Non voglio cavalcare l’onda del sensazionalismo mediatico incitato dalla morte di Stefano Cucchi.
Quella di Stefano, e questa, sono storie di merda, ma purtroppo terribilmente attuali e diffuse. E che se ne dica sono storie vecchie, antiche, risapute, ma che la stragrande maggioranza del nostro Paese ha imparato a dimenticare, a negare, a non guardare, lasciandole nel dimenticatoio assieme ad altre mille nefandezze di questo e quel governo, destra e sinistra, che vuoi o non vuoi sono sempre la stessa merda.

 

 

"Un detenuto non si massacra in sezione, si massacra sotto…."

TERAMO – "Abbiamo
rischiato una rivolta perché il negro ha visto tutto. Un detenuto non
si massacra in sezione, si massacra sotto…". Parole dal carcere di
Castrogno a Teramo, parole registrate all’interno di uno degli uffici
degli agenti di polizia penitenziaria. Frasi spaventose impresse in un
nastro. Ora questo audio è nelle mani della Procura della Repubblica di
Teramo che ha aperto un’inchiesta sulla vicenda. Sono parole che
raccontano di un "pestaggio" ai danni di un detenuto, quasi come fosse
la "prassi", un episodio che rientra nella "normalità" della gestione
del penitenziario. Un concitato dialogo tra un superiore e un agente
che svelerebbe un gravissimo retroscena all’interno di un carcere già
alle prese con carenze di organico e difficoltà strutturali.

Il
nastro è stato recapitato al giornale locale La Città di Teramo, ed è
scoppiata la bufera. Il plico era accompagnato da una lettera anonima.

In merito alla vicenda la deputata Radicale-Pd Rita Bernardini, membro
della commissione Giustizia, ha presentato un’interrogazione al
ministro Alfano.
La deputata chiede al ministro Alfano se ritenga
di dover accertare "se questi corrispondano al vero e di promuovere
un’indagine nel carcere di Castrogno di Teramo per verificare le
responsabilità non solo del pestaggio di cui si parla nella
registrazione, ma anche se la brutalità dei maltrattamenti e delle
percosse sia prassi usata dalla Polizia Penitenziaria nell’istituto".
Proprio questa mattina la Bernardini ed il segretario Generale della
Uil Pa Penitenziari, Eugenio Sarno, faranno visita al carcere.

Intanto la Uil chiede chiarezza e verità anche a tutela della
professionalità e dell’impegno quotidiano della polizia penitenziaria
di Teramo.

"Noi possiamo solo affermare – sottolinea la
segreteria regionale – che la violenza gratuita non appartiene alla
cultura dei poliziotti penitenziari in servizio a Teramo che, invece,
pur tra mille difficoltà hanno più volte operato con senso del dovere,
abnegazione e professionalità. Ciò non toglie che la verità vada
ricercata con determinazione e in tempi brevi. Noi vogliamo contribuire
a questa ricerca impedendo, nel contempo, che si celebrino processi
sommari, intempestivi e impropri".


Anche il notevole sovraffollamento è causa di forti tensioni.
L’istituto potrebbe contenere al massimo 250 detenuti, ne ospita circa
400. Un solo agente per sezione deve sorvegliare, nei turni notturni,
anche più di 100 detenuti; un flusso di traduzioni che determina
l’esaurimento di tutte le risorse disponibili.

ASCOLTA L’AUDIO

Related Link: http://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/cronaca/carcer…o-ter



Il comandante delle guardie penitenziarie di Teramo Giuseppe Luzi
ammette che è sua una delle voci al centro dell’inchiesta partita da
una lettera anonima e da una registrazione illegale. E’ sua la voce che
dice: "Non lo sai che ha menato al detenuto in sezione?"  

TERAMO. "La voce del cd è mia, ma non mi riferivo a
un pestaggio. Ero mosso dalla rabbia e forse ho usato termini forti. In
realtà c’era stato solo un richiamo degli agenti ai detenuti dopo
un’aggressione da parte di questi ultimi alle guardie". Il comandante
delle guardie penitenziarie di Teramo Giuseppe Luzi ammette, si difende
ma non spiega tutto.

Sono le 15 di oggi quando la parlamentare
radicale Rita Bernardini e il segretario della Uil Penitenziari Eugenio
Sarno escono dall’istituto penitenziario di Castrogno al centro di un
caso nazionale sul presunto pestaggio a detenuti e danno la svolta alla
vicenda.

I due riferiscono il colloquio avuto poco prima con
il comandante. Dicono che lui ha ammesso. E’ sua la voce al centro
dell’inchiesta partita da una lettera anonima e da una registrazione
illegale. La voce che dice: «Non lo sai che ha menato al detenuto in
sezione?». Risposta: «Io non c’ero, non so nulla…». Ma l’altro
incalza: «Ma se lo sanno tutti?… In sezione un detenuto non si
massacra, si massacra sotto… Abbiamo rischiato una rivolta perché il
negro ha visto tutto». Non c’è però alcun riferimento ai nomi di chi
parla.

Il sostituto procuratore, David Mancini, aveva disposto
l’acquisizione del compact disc. Lo stesso pm, ieri, aveva ordinato
anche una perizia fonica sul cd. Ma l’ammissione del comandante Luzi la
rende inutile.

E’ un carcere che scoppia di detenuti quello di
Teramo: oltre quattrocento, a fronte di 180 agenti. E’ un carcere dove
negli ultimi due mesi si sono verificati un suicidio, due tentati
suicidi e quattro aggessioni nei confronti delle guardie. Ed è in
quasto clima di veleni che si inserisce la vicenda del cd anonimo che
accusa gli agenti di essere a loro volta dei picchiatori.

Nella
registrazione audio – catturata con un cellulare – è chiaramente
udibile il colloquio, agitato, tra due persone. Ancora più grave,
sarebbe la contestazione di aver pestato il detenuto dinanzi a un altro
carcerato, dunque testimone dell’accaduto. Ma il comandante afferma che
non c’è stato alcun «massacro». La registrazione è stata recapitata al
quotidiano Il Centro in una busta, a mezzo servizio postale,
con una lettera di accompagnamento in cui l’anonimo si dichiara «un
detenuto stanco delle vessazioni all interno del carcere».

Nella
lettera che accompagna il cd, il sedicente detenuto scrive: «Qui
qualsiasi cosa succede è colpa nostra ma questa volta non finirà così,
è da troppo che sopportiamo, qui quelli maltrattati siamo noi ed anche
in questa occasione abbiamo subito un pestaggio da parte di una
guardia». Ma l’ipotesi più probabile è che, in considerazione del
filtro per la posta in uscita, e del divieto di avere con sé telefoni
cellulari, a registrare il colloquio sia stato in realtà un altro
agente di polizia penitenziaria, in un clima di veleni.


Il ministro di Giustizia ha sospeso dal servizio il responsabile
degli agenti del carcere di Castrogno, Giovanni Luzi

ROMA
– "Abbiamo rischiato una rivolta perché il negro ha visto tutto. Un
detenuto non si massacra in sezione, si massacra sotto…". Queste
parole, registrate all’interno di uno degli uffici degli agenti di
polizia penitenziaria di Teramo, costano la sospensione dal servizio al
comandante della guardie penitenziarie del carcere di Castrogno a
Teramo, Giovanni Luzi. E’ sua una delle voci che si riconosce
nell’audio, un concitato dialogo tra Luzi e un agente. Parole che
adesso chiamano in causa il comandante in un’inchiesta della
magistratura teramana su un presunto pestaggio di un detenuto.

ASCOLTA L’AUDIO

L’inchiesta nasce da un cd, recapitato in forma anonima al quotidiano locale La Città,
in cui qualcuno, sicuramente un agente, ha riversato l’audio catturato
con un telefonino che costituirebbe testimonianza di un pestaggio di un
detenuto. Voce riconosciuta come quella del comandante delle guardie.


http://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/cronaca/carceri-affollamento/sospeso-comandante/sospeso-comandante.html

 

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Carcere Abruzzo, aggiornamenti

SULMONA. Un detenuto del carcere di Sulmona,
U.C., di Napoli, ha dato fuoco alla sua cella ed è rimasto intossicato
dal fumo assieme a sette agenti di polizia penitenziaria.
Da un po’
stava gridando a strepitando all’interno della sua cella. Poi avrebbe
deciso di dare fuoco alla cella: ha avvolto le lenzuola intorno alle
suppellettili e gli ha dato fuoco.
Gli agenti sono accorsi con gli
estintori per spegnere le fiamme e hanno trovato il detenuto svenuto a
terra poi portato all’ospedale per dei controlli.
Il gesto sarebbe
l’epilogo della protesta che l’internato aveva messo in atto dopo che i
medici del carcere non gli avrebbero dato alcuni psicofarmaci che aveva
richiesto.

* * * * *

SULMONA – Ieri è stato sventato l’ennesimo tentativo di suicidio all’interno del supercarcere di Sulmona.
Un
internato ha tentato di darsi fuoco all’interno della sua cella,
utilizzando il forellino che ogni detenuto ha in dotazione per
riscaldare le pietanze.
Attirati dal nuvolose di fumo che si è
subito disperso nei corridoi della struttura, gli agenti penitenziari
hanno sventato il gesto estremo, portando fuori dalla cella il detenuto.
Le
operazioni sono durate qualche minuto e non sono state semplici, vista
la resistenza dell’uomo, un 35enne condannato per detenzione e spaccio
di stupefacenti, e il tentativo di bloccare gli agenti lanciandogli
addosso le coperte già in fiamme. L’internato è stato poi curato per la
lieve intossicazione riportata, meno grave di quella dei sette agenti
che hanno dovuto spegnere le fiamme all’interno della cella,
scongiurando un incendio all’interno della struttura.


TERAMO. La Procura della Repubblica di Teramo ha aperto un fascicolo
d’indagine sul caso del presunto pestaggio di un detenuto rinchiuso nel
carcere di Castrogno, da parte di agenti di polizia penitenziaria.

Il sostituto procuratore David Mancini ha disposto l’acquisizione
dei supporti magnetici su cui sarebbe stato registrato il colloquio tra
alcuni agenti che raccontavano l’episodio, verificatosi alla presenza
di altri detenuti.
Nella registrazione audio, catturata con un
cellulare, è chiaramente udibile il collqouio, agitato, tra due
dipendenti del carcere, in cui si fa riferimento all’episodio del
detenuto picchiato con sottolineature dell’errore commesso «a farlo in
sezione» e non sotto, lontano dalle celle, dove nessuno può vedere.
Ancor
più grave, sarebbe la contestazione di aver pestato il detenuto dinanzi
a un altro, dunque testimone dell’accaduto. La registrazione è stata
recapitata in una busta, a mezzo servizio postale, con una lettera di
accompagnamento al quotidiano La Città che ieri ha pubblicato la
notizia.
Il sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe), in
una nota «prende le distanze dalle accuse di un presunto pestaggio» ed
esprime solidarietà nei confronti del personale di Castrogno e in
particolar modo «al commissario Giovanni Luzi, comandante della polizia
penitenziaria», che viene indicato come una delle due voci della
registrazione.
«Gli uomini e le donne del corpo di polizia
penitenziaria in servizio presso l’istituto teramano – ha affermato il
segretario provinciale, Giuseppe Pallini -, eseguono servizio con
grande senso di responsabilità, abnegazione e professionalità più volte
dimostrati nel recente passato, salvando la vita a detenuti che
volevano suicidarsi e mai ha usato la forza nei confronti dei detenuti,
se non per reprimete atti di violenza».

Alcuni estratti della conversazione registrata:

«Abbiamo rischiato una rivolta eccezionale, una rivolta… », si sente ripetere al primo.
I tentativi del secondo di fornire una giustificazione dicendosi ignaro dell’accaduto. E ancora, il primo continua:
«Ma perché, scusa, non lo sai che ha menato al detenuto in sezione? ». E l’altro: «Io non c’ero, non so nulla».
Il
tono di voce cresce: «Ma se lo sanno tutti?» Pochissimi secondi e poi:
«In sezione un detenuto non si massacra, si massacra sotto». Lapidario.
Sotto. Non in sezione. Un detenuto non si massacra. Anzi si, si può
massacrare ma non in pubblico.
«Abbiamo rischiato una rivolta perché il negro ha visto tutto…», conclude.
La voce  apparterrebbe al Comandante di reparto degli agenti di Polizia Penitenziaria di Castrogno, Giovanni Luzi.
L’interlocutore?
Un sovrintendente che il giorno della presunta aggressione “al
contrario”, da agente a detenuto, sarebbe stato di turno come
capo-posto ossia come coordinatore delle quattro sezioni in cui sono
ospitati i circa 400 detenuti”»


E’ uscito il num. 8 di f(R)eccia, pagine in rivolta dall’ Abruzzo.
f(R)eccia esce con cadenza mensile ed ha come unico mezzo di diffusione
il supporto cartaceo.
Per contatti, per ricevere copie, per inviare materiale: laraje@libero.it



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Morire in carcere

Un grazie anche per:


Marcello lonzi

Manuel
Sole e Baleno
Stefano Cucchi

Pinelli
TUTTI i MORTI di Sulmona

e, purtroppo, tanti altri….

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concerto contro la guerra – TE

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